Non ha deluso l’aspettativa di chi si attendeva un dibattito di alto livello e ricco di spunti – capace di leggere anche l’attualità della crisi – il convegno “La persona e l’attività economica” proposto dalla Sezione di Padova dell’UCID presso la sala san Luca di Santa Giustina sabato 22 novembre 2014.
Un’occasione per guardare – nel sessantesimo anniversario dalla scomparsa di Alcide De Gasperi – all’Europa di oggi, per molti versi ancora lontana dal “sogno” che aveva ispirato lo statista democristiano.
La ricetta del rigore a tutti i costi imboccata ormai da tempo non sembra aver prodotto risultati e in molti denunciano le conseguenze sul piano sociale. Nel suo intervento introduttivo Flavio Zelco, presidente Ucid Padova, ha attinto anche alla sua esperienza professionale ricordando come «quando un’azienda va male non si può intervenire aumentando il prezzo di vendita dei prodotti o tagliando i costi in modo sconsiderato», ma bisogna ridurre il prezzo di vendita e contemporaneamente intervenire in modo intelligente nel taglio delle spese improduttive accompagnandolo con un aumento degli investimenti per ottenere un rilancio. Una ricetta che dovrebbe rappresentare l’abc di ogni aziendalista, ma che invece a livello di Unione Europea oggi è ancora troppo spesso ignorata.
Di grande interesse anche la lettura offerta da Umberto Vincenti, professore ordinario di diritti umani ed etica pubblica presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Padova. Vincenti ha spiegato come sia nelle Carte fondamentali dell’Unione Europea sia nella Costituzione italiana non si rintracci un impianto chiaro che possa definire un’etica pubblica. «La Costituzione – ha spiegato – insiste moltissimo sui diritti, che spesso entrano in conflitto mortale fra loro, facendo proprio l’imperativo della non discriminazione, ma dice molto meno sul piano dei doveri». Se la Costituzione, secondo la lettura di Vincenti, «dice troppo poco» perché si possano rintracciare in essa le coordinate di un’etica pubblica, ecco che di fronte a molte questioni che vedono in conflitto diritti diversi lo Stato si trova a balbettare e la risposta è affidata sempre più spesso alle aule di tribunale. Certo, ha precisato comunque Vincenti, il problema principale del “vuoto” che si registra nel nostro Paese dal punto di vista nell’etica pubblica non risiede nelle “omissioni” della Costituzione, ma nella qualità degli uomini. «Dalla seconda metà del Novecento in poi abbiamo assistito nel nostro Paese a una progressiva caduta dello spirito pubblico e a un processo di dismissione della dimensione comunitaria». I risultati sono sotto gli occhi di tutti: «Partiti opachi che coltivano interessi particolari, un’élite intellettuale assolutamente apatica, una corruzione pervasiva..». Al modello aristoteliano del governatore come uomo che non può non essere virtuoso anche nel privato si è sostituito quello latino del «pater familias», a indicare che chi “governa” «è considerato bonus se riesce ad accrescere il patrimonio della sua famiglia». Che fare, di fronte a questo scenario desolante? La risposta di Vincenti è senza tentennamenti: «Dobbiamo ripartire dalle scuole». Il docente dell’ateneo patavino non ha risparmiato una critica ai nuovi programmi formativi previsti dalla riforma, che sostituiscono l’obiettivo di formare “un buon cittadino” con un più generico obiettivo legato alla “convivenza civile”.
A offrire ulteriori spunti di riflessione, anche l’intervento del noto costituzionalista Mario Bertolissi, che ha spiegato come di fronte all’ampiezza della crisi oggi non sembra esserci nessuno in grado di tracciare una rotta in Europa: da una parte gli economisti che si limitano a “dare i numeri” in continuazione, dall’altra sono poche le voci in grado di decodificare davvero questi numeri e “spiegare quello che succede”, mentre l’Ue «è affidata a tecnocrati, e il tecnocrate per definizione segue nel suo agire solo l’aritmetica, non ha “figli” di cui preoccuparsi, insegue quella che Franco Ferrarotti con un’espressione efficace chiama una perfezione priva di scopo». «Il problema dell’Europa – ha spiegato poi – non è lo strapotere della Germania, è la politica debole». Dalla sua posizione laica Bertolissi – che ha citato anche don Primo Mazzolari e il suo richiamo alla complementarietà tra libertà e ordinamento giuridico – ha indicato nella Caritas in veritate di papa Benedetto XVI un testo che può offrire molte risposte ai mali che vive oggi l’Europa, perché afferma con chiarezza come l’ordine sociale sia superiore all’ordine economico, mostrando l’insensatezza di una linea politica che si “fonda” solo sulla logica dei numeri.
Una visione in linea con quella offerta dal segretario nazionale Ucid Giovanni Scanagatta che, impossibilitato a partecipare per problemi personali, ha fatto avere il suo intervento in forma scritta.
Il segretario nazionale – in linea con Bertolissi – ha ricordato come per uscire dalla crisi sia necessario tornare a riaffermare e riconoscere «il primato dell’etica» sull’economia e superare il riduzionismo economico- con la conseguente frattura tra la dimensione dell’etica e quella dell’economia – che si è fatto strada nel nostro Paese a partire dagli anni Trenta del Secolo scorso. Ecco l’Intervento del Segretario Generale dell’UCID Scanagatta al Convegno del 22 novembre 2014
L’intervento conclusivo è stato affidato a Francesco Occhetta sj, redattore della testata Civiltà cattolica, che si è detto convinto che l’Europa e l’Italia oggi – per non rischiare “la rottura” – debbano trovare il coraggio di «riscrivere il patto generazionale» per redistribuire le risorse fra i padri e le generazioni dei loro figli, condannati a non poter godere dello stesso benessere di cui hanno goduto loro. Anche Occhetta ha ribadito poi come uno dei problemi dell’Europa sia proprio il vuoto della politica «con l’Inghilterra che vuole uscire, la Francia che sta sparendo, l’Italia che ha perso la grande opportunità rappresentata dal semestre di presidenza limitandosi a fare qualche “capriccio” per ottenere questo o quell’allentamento». «Senza la politica che possa offrire all’Europa una visione comune ecco che quella che doveva essere una grande scommessa collettiva si trasforma in paura, ed ecco i rigurgiti di autoritarismo e di razzismo, i tanti movimenti seccessionistici in atto…». Occhetta ha ricordato come l’Europa oggi si trovi a fare i conti con sette grandi peccati: un benessere senza lavoro, un’educazione senza morale, una politica senza partecipazione, una società senza famiglia, un piacere senza coscienza, gli affari senza etica, la fede senza sacrificio. «E proprio da qui – e non soltanto dalla crisi economica – che bisogna ripartire…»
A cura di Roberta Voltan